Violenza e antropologia. Bajo Juárez, la città che divora le sue figlie.

 Elena Bagalà

Bajo Juárez, la ciudad devorando a sus hijas è il titolo originale del documentario che Alejandra Sánchez Orozco e José Antonio Cordero hanno realizzato nel 2007 per raccontare la tragica situazione di una città messicana. Vorrei proporre alcune riflessioni sul concetto di “violenza” analizzandolo da un punto di vista antropologico e partendo da questo documentario come caso specifico.

Essendomi occupata della sottotitolazione in italiano, infatti, ho avuto modo sia di visionare il documentario numerose volte sia di informarmi in modo più accurato su questo tema. Per quanto riguarda l’aspetto culturale, in Messico, come in molti altri paesi dell’America Latina, è ancora molto presente, all’interno della cultura, un retaggio machista che si manifesta a molti livelli. La considerazione della donna in generale è molto bassa e questa immagine sminuita e legata al concetto di sottomissione al maschio si riflette in ogni ambito della vita quotidiana.

Fin da bambini i ragazzi e le ragazze vengono educati in quest’ottica e di conseguenza sono portati ad incorporare come naturali atteggiamenti machisti. Inoltre in questo caso stiamo parlando di Ciudad Juárez, una città nel nord del Messico proprio sulla frontiera con gli Stati Uniti, in particolare con El Paso in Texas. Questa caratteristica la rende di per sé una zona caratterizzata da una violenza diffusa e generalizzata; città flagellata dalla corruzione delle forze dell’ordine a tutti i livelli e dai continui disordini collegati al traffico di droga che la rendono un’arena di scontri tra bande rivali che fanno capo ai diversi cartelli della droga. È quindi un teatro di violenza quotidiana, una violenza che è sotto gli occhi di tutti e che di conseguenza getta la donna in una situazione in cui la sua immagine ne risulta ulteriormente colpita.

Non è strano che molte giovani madri sole si trovino nella condizione di doversi sottoporre ad estenuanti turni di lavoro, anche notturni, nelle maquilas, fabbriche di assemblaggio, per provvedere al mantenimento dei propri figli. Proprio durante il tragitto tra la casa e il luogo di lavoro o di studio si verificano la maggior parte delle sparizioni di ragazze. Che sia notte o pieno giorno la differenza è poca, vengono caricate a forza su delle macchine e rapite. Di queste solo una piccola parte viene poi ritrovata assassinata, infatti della maggior parte di loro purtroppo si perdono le tracce e il loro nome andrà ad alimentare la lunga lista delle desaparecidas. A causa della bassissima considerazione che viene riservata alle donne e all’elevatissima impunità di questi gravi delitti ai loro danni si verifica in molti casi un’ostentazione della violenza e un’esibizione del cadavere attraverso il quale spesso vengono mandati veri e propri messaggi codificati. Il corpo della donna diventa il mezzo attraverso il quale viene affermato un potere, un vero e proprio potere di morte esercitato dai potenti della città. La donna quindi viene usata come un oggetto per soddisfare i più perversi desideri a sfondo sessuale e successivamente il cadavere viene gettato vicino ai cassonetti dell’immondizia o abbandonato nel deserto, ancora carico dei segni della violenza subita, seviziato e mutilato.

Il potere di violenza e di morte, concetti che si rifanno a quello più ampio di biopotere(*) (biopolitica) teorizzato da M. Foucault, però non si limita ad agire sulle donne che vengono assassinate, ma continua a provocare dolore e terrore anche dopo il loro decesso. L’impossibilità di ricevere giustizia, di conoscere i colpevoli e saperli assicurati alla giustizia sono una continua fonte di frustrazione e sofferenza per le famiglie delle ragazze scomparse. Queste infatti oltre a combattere il dolore devono continuamente scontrarsi con l’inefficienza delle autorità che mirano a negare i femminicidi catalogandoli come violenza domestica e a colpevolizzare le vittime o i loro familiari per l’accaduto. Per cercare di otterene qualche risultato in più i familiari delle ragazze scomparse si sono uniti in una associazione, Nuestras Hijas de Regreso a Casa, che si occupa di indagare sui casi delle ragazze scomparse, fare pressione alle autorità per ottenere giustizia, fare rete e darsi una mano per occuparsi degli orfani, che purtroppo sono molti. Proprio grazie all’operato di questa associazione recentemente la Commissione Interamericana ha accettato di prendere in esame uno di questi casi, cosa che in futuro potrebbe aprire la strada a molti altri e costringere il Messico a prendere seri provvedimenti in merito. La cosa più grave in ogni caso, è che si assiste ad una totale normalizzazione della violenza, di conseguenza fatti atroci come quelli raccontati nel documentario non vengono più percepiti come gravi dalla popolazione che si è ormai abituata ad essere in costante contatto con questo tipo di avvenimenti ed è spinta a non farci più caso. Per quanto efferato un delitto se è quotidiano ha meno risonanza e ne ha ancora meno se le istituzioni mettono in atto una strategia di screditamento quotidiana; i mezzi di comunicazione evitano di trasmettere notizie su questi avvenimenti e quando lo fanno il copione è sempre lo stesso, si parla semplicemente di un’altra ragazza scomparsa.

Da ultimo vorrei fare una precisazione linguistica, si è deciso di creare ed utilizzare il termine femminicidio proprio per sottolineare che è un atto di violenza perpetrato contro una donna solo per il fatto di essere donna, non si tratta di un assassinio comune quindi, ma di una vera e propria forma di violenza di genere.

(*) biopotere: ovvero l’insieme dei meccanismi grazie ai quali i tratti biologici che caratterizzano la specie umana diventano oggetto di una politica, di una strategia politica, di una strategia generale di potere. [Foucault Michel, 2007:13 (2004), Sicurezza, territorio, popolazione. Corso al Collège de Frace (1977-1978), Giangiacomo Feltrinelli Editore Milano]

Elena Bagalà

Lascia un commento

Archiviato in america latina, antropologia, articoli in italiano, diritti, Mexico

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...