Introduzione
La migrazione italiana in Argentina è stata studiata in maniera approfondita in quanto, dalla metà dell’Ottocento fino alla fine della Seconda guerra mondiale, più di tre milioni di italiani si sono diretti in Argentina. Molto meno si sa della migrazione opposta, che ha segnato l’inizio di una nuova fase storica: la diminuzione del flusso migratorio italiano diretto nel continente latino-americano e la migrazione dei cittadini argentini verso l’Italia, iniziata con gli esuli politici fuggiti dalla dittatura militare (1976-1983), al fine di compiere all’inverso il viaggio intrapreso dai loro antenati verso un Paese più prospero e stabile economicamente.
Dal momento in cui ha avuto inizio tale emigrazione l’unica ricerca compiuta è stata quella di Miguel Angel García e José Luis Rhi Sausi, condotta a Bologna dal 1990 al 1992. Per questo motivo ho deciso di entrare in contatto con l’associazione «Argentino Italiana Piemonte ONLUS», che si occupa dell’assistenza sociale, economica e burocratica dei migranti argentini nel territorio torinese, e che aveva intenzione di attivare un progetto volto allo studio della condizione degli argentini e italo-argentini1 in Piemonte, al fine di conoscere le trasformazioni avvenute all’interno dei nuovi flussi migratori che si stabiliscono nella regione.
Il progetto di ricerca deciso insieme ai dirigenti dell’associazione si è svolto nel comune di Torino e di Cuneo, e si èorientato verso la rilevazione e l’analisi dei dati relativi all’esperienza migratoria, allo status socio-economico di partenza e di arrivo, alla condizione burocratica, alla situazione famigliare, alla formazione scolastica e professionale, all’inserimento culturale, al livello d’integrazione e di stabilità nella società italiana, e alle reti sociali2. La ricerca è avvenuta per mezzo della strutturazione di un questionario strutturato che ho sottoposto a novanta soggetti (46 uomini e 44 donne), al fine di ricavare una serie di dati quantitativi e anagrafici sulla condizione economica e sociale dei migranti argentini e italo-argentini, e tramite lo strumento dell’intervista libera in profondità, che ho sottoposto a diciassette soggetti (9 donne e 8 uomini) per conoscere i dati qualitativi e personali della migrazione e dell’integrazione, l’influenza della ricerca delle proprie radici nella scelta d’emigrare, il rapporto del soggetto con la propria identità e la nostalgia verso il luogo d’origine.
Il primo risultato che ho ricavato è stato il fatto che la quasi totalità degli intervistati, l’82% (di cui il 6% sta terminando le pratiche per il recupero della cittadinanza), ha la cittadinanza italiana e quindi ha un legame parentale di discendenza italiana. I tempi d’attesa per l’acquisizione della cittadinanza in Argentina, però, sono molto lunghi, per cui molti entrano in Italia muniti di passaporto argentino e poi svolgono le pratiche direttamente nel Paese d’approdo3.
Nella ricerca di Miguel Angel García e José Luis Rhi Sausi del 1992, invece, vi sono meno italo-argentini, il 61%, per cui molti non hanno ottenuto la cittadinanza, e vi sono anche alcuni irregolari, il 5%, al contrario della presente ricerca (García, Rhi Sausi, 1992).
Una legge rilevante per quanto riguarda i flussi migratori di rientro dall’Argentina è stata quella del 29 ottobre 1971: il governo italiano e quello argentino stipularono a Buenos Aires un accordo legislativo in materia di cittadinanza in cui si riconosceva legalmente l’opportunità di possedere una doppia cittadinanza: i cittadini italiani e argentini per nascita avrebbero potuto acquisire la cittadinanza argentina o italiana conservando la loro precedente cittadinanza, con sospensione dei diritti inerenti a quest’ultima. Valida ancora oggi, scrive Anna Maria Minutilli, questa legge è volta a regolamentare e favorire i rientri degli italiani, poiché garantisce loro l’esercizio dei diritti fondamentali in Italia. Essa ha dato il via alle domande di riconoscimento della cittadinanza italiana da parte degli italo-argentini, se possono dimostrare che nessuno degli ascendenti in linea retta, fino alla terza generazione, abbia mai rinunciato alla cittadinanza italiana.
E’un progetto che si è basato senz’altro su una motivazione sociale (l’aiuto all’integrazione), ma che soprattutto ha avuto un intento economico: una politica di orientamento e di utilizzo dei flussi migratori come risorsa di manodopera qualificata, al fine di realizzare un’espansione economica del Paese. Gli italiani andati negli anni passati in Argentina che volevano fuggire alle crisi ormai strutturali del Paese si sono sentiti più tutelati nel ritorno in patria (Minutilli, 2003).
I discendenti di italiani hanno avuto modo di usufruire di questi accordi bilaterali e hanno dato inizio a un consistente flusso verso l’Italia. Gli italiani andati negli anni passati in Argentina che volevano fuggire alle crisi ormai strutturali del Paese si sono sentiti più tutelati nel ritorno in patria.
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