Mujeres cesteras qom del Chaco argentino: il lavoro come forma di emancipazione

Mujeres cesteras qom del Chaco argentino: il lavoro come forma di emancipazione

di Francesca Rindone *

Quando un roqshe (“bianco” in lingua qom), arriva al Barrio Originario di Miraflores con l’intenzione di visitare il territorio controllato dal Consejo de Carashe, spesso viene ospitato per i primi giorni a casa di Casilda. Casilda è una signora di 40 anni, madre di cinque figli, che si incarica di accogliere (a volte letteralmente adottare) i visitatori che arrivano da fuori.
Ma soprattutto, Casilda è da due anni la presidente di Onoleq Laxarraiq (“una sola palma”), la prima cooperativa di donne artigiane formatasi nella zona di Miraflores, la quale riunisce al giorno d’oggi venticinque donne esperte nella fabbricazione di cesti, panieri, borse ed accessori in foglia di palma.
“Prima la presidentessa era Maria C., che è un po’ più anziana di me, solo che dopo un anno ha deciso di lasciarmi l’incarico perché non se la sentiva più” spiega Casilda in una delle prime interviste; “io all’inizio non volevo accettare, non ero abituata a parlare in pubblico ed avevo paura di non avere abbastanza autorità perché non ero abbastanza anziana […] poi però Marcos López, il dirigente della nostra organizzazione, mi ha spronata ad accettare l’incarico ed è andato tutto bene”. A questo proposito è importante ricordare che la cooperativa Onoleq Laxarraiq è strettamente legata all’organizzazione Qompi Voque Naqockta del Barrio Originario di Miraflores, a sua volta membro del più ampio Consejo de Carashe. Per questo motivo il dirigente ha avuto voce in capitolo in questa decisione, dopodiché “Marcos ci ha sempre lasciate lavorare autonomamente, da quando sono diventata presidente mi ha sempre aiutata, però lasciandomi libera di prendere io le decisioni sulla mia cooperativa”. Casilda e le sue compagne tendono spesso a sottolineare questo particolare, poiché uno dei risultati di cui sono più orgogliose è proprio il raggiungimento dell’autonomia come lavoratrici e come donne.

Intrecciando le foglie di palma, intracciando relazioni

Miraflores. Intrecciando le foglie di palma, intrecciando relazioni.

 

D’altra parte, se l’organizzazione Qompi Voque Naqockta cercasse di impedire il raggiungimento di tali risultati, cadrebbe in un enorme paradosso ideologico, dal momento che uno dei punti cardine del “manifesto” del Consejo de Carashe sta proprio nell’assicurare autonomia politica ed economica, alle comunità che lo compongono, non imponendo regole proprie, bensì insistendo affinché ogni comunità formuli le sue.
In questo senso, possiamo dire che le cooperative delle donne artigiane funzionano come delle piccole comunità all’interno del Consejo de Carashe, e che la sinergia con le corrispondenti organizzazioni serve soprattutto come mutuo appoggio nel conseguimento dei propri obiettivi. Grazie a questa sinergia, per esempio, Casilda è riuscita, nel 2012, a stipulare un accordo con la Provincia che garantisce ancora oggi un’entrata fissa mensile alla cooperativa, migliorando considerevolmente, durante questi due anni, la qualità della vita delle lavoratrici.

Esiste inoltre un patto non scritto che prevede un mutuo aiuto tra le cooperative e le  organizzazioni del Consejo e che si traduce, concretamente, nel darsi la mano nella lotta. Quando, per esempio, il governo non edifica un certo numero di viviendas (abitazioni) pattuito con l’organizzazione, le donne delle cooperative si impegnano a sostenere quest’ultima quando per rivendicare i loro diritti organizzano delle manifestazioni di protesta, come i cortes de ruta, che prevedono il blocco del traffico delle strade locali.
Viceversa, nel caso della cooperativa Onoleq Laxarraiq, quando il ministro che si era incaricato di portare avanti l’accordo sopracitato non ha compiuto il suo dovere, l’organizzazione Qompi è stata in prima linea nell’appoggiare le donne durante le loro azioni di protesta.

Durante la mia ricerca sul campo nel Barrio Originario di Miraflores, ho assistito a diverse riunioni della cooperativa Onoleq Laxarraiq e ho potuto notare come il sistema sperimentato ormai da più di due anni sia arrivato ad un punto di totale funzionamento: non c’è più la necessità di riunirsi costantemente, per esempio, poiché le donne sanno già organizzare individualmente il loro lavoro quotidiano, coniugandolo con i doveri domestici.
I miglioramenti più tangibili però sono osservabili, come dicevo, nella qualità della vita delle famiglie delle socie della cooperativa: oltre ai risultati decisamente rivoluzionari della lotta del movimento Qompi Voque Naqockta, come le case di cemento e l’elettricità, grazie alla vendita dei cesti le donne stanno apportando un contributo economico considerevole ai loro nuclei famigliari; questo potrebbe, nel futuro, portare ad un riequilibrio delle relazioni di genere che tenda verso la parità, oggi solo parzialmente avviato.

La seconda parte della mia ricerca sul campo si è focalizzata sulla nascita e sui primi sviluppi di altre due cooperative in due parajes dell’ Impenetrable, Pozo del Toro e Pampa Argentina: è stato soprattutto grazie a questa esperienza che ho potuto capire realmente il funzionamento delle cooperative artigianali, proprio per il fatto di essermi trovata all’interno di un work in progress.
Il paraje di Pampa Argentina si trova sotto la giursdizione del Comune di Juan Jose Castelli, a circa 15 km dalla città. Qui, nel 2014, è nata la cooperativa Laxarraiq Lave (“foglia di palma”), che riunisce circa quaranta lavoratrici e che ha come presidente una ragazza di 27 anni. Brigida, nella sua estrema umiltà, non riusciva a spiegarmi perché era stata eletta presidente: “non lo so perché hanno scelto me, io non mi ero neanche candidata e c’erano altre donne più anziane che si erano proposte. Eppure mi hanno eletta all’unanimità”. Probabilmente è proprio il carattere “timido, ma deciso” di Brigida ad ispirare fiducia nelle sue colleghe e a fare sì che abbiano optato per una leader così giovane. Ed è effettivamente una grande responsabilità quella di essere madre di un bambino di due anni e contemporaneamente dover amministrare il lavoro di quaranta artigiane, soprattutto visti i problemi logistici che presenta il territorio di Pampa Argentina. Le donne vivono infatti molto isolate le une dalle altre ed è molto difficile per loro riunirsi: anche solo organizzare le riunioni è complicato, poiché poche di loro possiedono un cellulare e molto spesso hanno difficoltà a spostarsi. Brigida e le altre donne della commissione stanno cercando degli stratagemmi per risolvere questi problemi: per esempio, hanno deciso di annunciare le riunioni in un programma radiofonico locale seguito dalla maggior parte delle socie. Per risolvere il problema degli spostamenti, che causava un gran numero di assenze alle riunioni, è in corso una “trattativa” tra Brigida e il dirigente dell’organizzazione Aboiq, José, per spostare il luogo d’incontro delle donne a casa della presidente, che si trova più o meno in un punto intermedio facilmente raggiungibile da tutte. Lungi dal farsi intimidire da queste difficoltà, le artigiane lavorano quotidianamente ai loro cesti e stanno iniziando a ricevere i primi incarichi da parte di compratori esterni alla comunità.

 

Riunione della cooperativa Laxarraiq Lave, Paraje Pampa Argentina, Juan José Castelli, Chaco

A Pozo del Toro, il panorama cambia quasi radicalmente. Innanzitutto, si tratta di un paraje molto più compatto a livello territoriale, e questa prossimità fa sì che le socie della cooperativa, che sono esattamente la metà rispetto a Pampa Argentina, si riuniscano molto più facilmente e frequentemente. Durante la mia permanenza, ad esempio, mi era quasi difficile distinguere le riunioni della cooperativa dagli incontri informali, numerose com’erano le occasioni in cui le donne si ritrovavano. Grazie a questo continuo scambio, la cooperativa Torolshereq (“pozzo del toro”) presenta fin dai suoi albori una varietà di modelli nei suoi prodotti davvero insolita per una formazione così recente.
In questo paraje, inoltre, è stato portato avanti anche il secondo fine della mia esperienza presso le comunita’ Qom: quello della cooperazione. Abbiamo deciso, infatti, di investire una somma di denaro nell’acquisto di alcuni cesti prodotti dalla cooperativa Torolshereq, e durante la mia permanenza ho avuto l’occasione di assistere all’intero processo di organizzazione della loro prima vendita. Le maggiori difficoltà in questo caso erano dovute a incomprensioni linguistiche: molte donne di questa cooperativa, tra cui Santa che ne è la presidente, non parlano bene lo spagnolo e spesso non osavano chiedere spiegazioni durante le riunioni, cosa che rendeva difficile la comprensione delle indicazioni. Tali difficoltà sono state superate grazie all’intervento di Casilda, che ha assistito ad alcune riunioni proprio per spiegare alle donne, in lingua qom, come organizzare la produzione dei cesti in vista della vendita e come maneggiare gli strumenti burocratici della stessa, come ad esempio la planilla (modulo, tabella), che serve a fissare il prezzo dei prodotti.

Nonna e nipote impegnate nel lavoro artigiano, Paraje Pozo del Toro, Miraflores, Chaco

Nonna e nipote impegnate nel lavoro artigiano, Cooperativa Laxaraiq del Paraje Pozo del Toro, Miraflores, Chaco

 

Per entrambe le nuove cooperative l’esempio di Casilda è stato ed è tuttora fondamentale: non a caso il progetto che mi ha coinvolta è iniziato con una giornata di riunioni presso le cooperative di Pozo del Toro e Pampa Argentina, nella quale Casilda ha raccontato la sua esperienza di “pioniera” e dato consigli su come superare le prime difficoltà. Vivendo successivamente a stretto contatto con Brigida e Santa, ho notato che il modello organizzativo che la presidente di Onoleq Laxarraiq aveva esposto durante quella prima riunione era stato fatto proprio dalle cooperative piú recenti in maniera quasi automatica, e che la sua opinione era tenuta in grande considerazione. Questo perché, soprattutto nel caso di Brigida che è la più giovane, Casilda è vista anche come un esempio positivo di emancipazione femminile, ottenuta attraverso il lavoro autogestito e senza sacrificare minimamente né la vita familiare né i valori della propria cultura.
“Prima di formare la cooperativa consegnavamo i cesti a O., la proprietaria del chiosco vicino a casa, che li rivendeva a Santa Fe. Ci cambiava un cesto per mezzo kilo di carne, o un kilo di arance, o vestiti. Non ci ha mai dato più di 10 pesos. Quando non ricevevamo la pensione per il mal de chagas (malattia trasmessa da insetti locali) era tutto quello che avevamo, quindi dovevamo portarle cesti tutti i giorni per poter mangiare. Ricordo ancora le lunghe file che si formavano ogni mattina davanti a quel chiosco”. Questo di Brigida è solo uno dei racconti relativi alla vita delle artigiane prima che venissero formate le cooperative, e si spera che questo sistema di sfruttamento resti ormai solo un ricordo: grazie a questo tipo di organizzazione del lavoro, infatti, le donne stanno imparando a valorizzare autonomamente il loro lavoro, ponendo loro stesse il prezzo ai loro prodotti, e parallelamente a rivendicare, con il supporto delle relative organizzazioni, i loro diritti di lavoratrici.

* Francesca Rindone, socia di Antropocosmos, si è Laureata in Antropologia Culturale ed Etnologia presso l’Università degli Studi di Torino nel 2014. Tra i mesi di giugno e settembre 2014 ha partecipato come borsista del programma Uni.coo al progetto di ricerca e cooperazione “Arti e mestieri nel Chaco argentino” a cura di Antropocosmos e in collaborazione con l’università di Buenos Aires. La ricerca si è centrata sulle strategie di resistenza e le pratiche di autonomia portate avanti dalle comunità Qom del Chaco, particolarmente le cooperative di donne artigiane qom.

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