Adu ayam, una complessa forma di combattimento tra uomini Riflettere e rivivere un classico dell’antropologia
di Michele Pasquale*
Articolo pubblicato in Ricerche
Strano caso del destino. Dopo aver letto il saggio divenuto un classico dell’antropologia interpretativa, Notes on the Balinese Cockfight di Clifford Geertz, ed essermi sempre chiesto il perché suscitasse così tanto interesse tra la popolazione di Bali, ecco che di persona mi trovo ad assistere ad un combattimento tra galli, adu ayam. Tipica manifestazione della cultura indonesiana, in questo particolare caso dell’isola di Nias, il combattimento consiste generalmente in una sfida tra i proprietari di due galli (con voluta ambiguità semantica Geertz utilizza il termine «cocks»), i quali sfoggiano le qualità dei volatili da loro allenati facendoli scontrare a colpi di becco fino a quando solo uno rimarrà ritto sulle sue zampe.
La pratica, tuttora fuori legge a causa delle scommesse clandestine, è tuttavia regolarmente praticata con numerosi incontri pubblici. Quasi sempre all’ultimo sangue. Ma qual’è l’origine di questo rituale e perché riscuote così tanto interesse in questo Paese? Presso Yogyakarta un docente di lingua e cultura indonesiana mi riferì che, secondo la tradizione, un ‘vero uomo’ deve possedere alcune ‘cose’/’relazioni’ specifiche per essere ritenuto tale: una moglie (istri); una casa (wisma); un cavallo (kuda) – oggi la macchina o la moto -; un uccello, che rappresenta il tempo libero e la passione individuale per qualcosa (burung, spesso un gallo d’addestrare al combattimento o l’usignolo per il suo piacevole canto; può capitare che un uomo investa molte risorse per questo fine a scapito della sua famiglia); la spada rituale simbolica (kris, con la tipica lama che ricorda una fiamma). È forse in questi cinque punti che si può ritrovare una delle molte, possibili spiegazioni per l’origine di questa cruenta espressione della cultura locale?
È tardo pomeriggio. Girando l’angolo di una strada secondaria della cittadina di Gunung Sitoli, tra piccole case a schiera e non molto lontano da un orfanotrofio, troviamo un capannello di persone intente a “preparare” due galli. La pratica iniziale comprende lavare le ali, massaggiare il collo, controllare le zampe e pulire gli occhi da detriti di terra e sabbia. La cura e la precisione dei gesti è notevole. Nel suoi scritti Geertz annota diverse volte la smisurata passione, l’entusiasmo per l’allevamento dei galli – seppur facesse stretto riferimento agli “uomini balinesi” – con i quali è qui possibile ritrovare dei punti comuni («Balinese men, spend an enormous amount of time with their favorites, grooming them, feeding them, discussing them, trying them out against one another», 418).
Quello che di solito gli antropologi chiamano un “informatore”, spesso semplicemente una persona volenterosa e curiosa di approcciarsi a parlare con dei perfetti sconosciuti, si avvicina gentilmente per presentarsi. Rimango sempre sorpreso della grande disponibilità dimostrata in poco tempo da moltissimi nativi sull’isola di Nias ed in altre località indonesiane. Evidente il cambiamento storico- culturale che facilita la possibilità d’intessere delle relazioni sociali e la seguente raccolta d’informazioni utili a svolgere una ricerca etnografica sul campo rispetto al passato.
Scarica l’articolo completo in pdf Michele Pasquale- Adu Ayam-
*Michele Pasquale: Laureatosi presso l’Università degli Studi di Torino con una tesi in antropologia visiva ed etnologia dell’Africa, ha fatto ricerca e svolto reportage negli Stati Uniti, in Rwanda, Brasile, Guinea Conakry, Senegal, Indonesia. Appassionato di musica anni sessanta, noiosissimi documentari storici, chitarra dadgad d’ispirazione mondscheinsonate, è cinefilo documentarista e soffre di cinismo calmierato al 77%. Ha il vizio dell’abigeato e della visione maniacale de “Il dittatore dello stato libero di Bananas”.
There’s definately a lot to learn about this issue. I love all the points you’ve made.