Le sparizioni di persone in Messico non sono certo una novità, purtroppo, ma l’eclatante episodio verificatosi a Iguala pochi mesi fa, il 26 settembre scorso, in cui sono spariti 43 studenti della scuola di formazione di Ayotzinapa, ha profondamente scosso il paese, tanto che se ne continua a parlare. È notizia dell’altro ieri che finalmente la moglie del sindaco di Iguala, María de los Ángeles Pineda, è stata arrestata e condotta in un carcere di alta sicurezza.
Abbiamo già avuto occasione di trattare il tema dei desaparecidos parlando delle sparizioni e uccisioni di donne in Messico, casi frequenti, tanto che per descriverli è stato creato l’apposito termine di femminicidio, ma quest’ultima vicenda non può essere assimilata a questa categoria e forse è questa la ragione del clamore che ha scatenato. Contrariamente a quanto avviene di solito infatti i 43 studenti, tutti ragazzi, sono stati rapiti in blocco e il numero è elevatissimo. Inoltre in questo caso è stato accertato il coinvolgimento diretto della polizia che ha fermato i ragazzi per poi consegnarli nelle mani dei narcos del gruppo Guerreros Unidos, affiliato al cartello dei Beltrán Leyva.
Non è stato facile fare chiarezza su come si è svolta la vicenda, ma poco a poco le notizie sono trapelate e spontaneamente è montata la protesta. A fine ottobre manifestazioni di massa invadono tutto il paese, Città del Messico ne è il cuore in cui si sono snodati tre enormi cortei che suonano come un’accusa diretta ai vertici dello Stato. Anche l’Esercito zapatista di liberazione nazionale (Ezln) ha organizzato una marcia pacifica per unirsi alle manifestazioni contro la sparizione dei 43 ragazzi. L’aeroporto di Acapulco è rimasto chiuso per ore il 10 novembre per le proteste di studenti, professori e familiari dei ragazzi scomparsi; sono stati fatti anche blocchi stradali e nuovamente a Città del Messico el Zócalo, la piazza del centro storico che è una delle più grandi al mondo, si è riempito fino al sopraggiungere della notte del 21 novembre si è tenuto una grande manifestazione indetta dagli studenti della UNAM, una delle Università più importanti di tutta l’America latina. A questa protesta si è unita la classe media, una novità, e la speranza dei manifestanti è proprio quella di coinvolgere il maggior numero di persone e che così si possa portare avanti il cambiamento.
Come tristemente accade in queste tragici momenti, quello che emerge è il dolore per il senso di impotenza e la immensa frustrazione per l’enorme vuoto della perdita che non trova conforto nemmeno sulle spoglie, assenti, del proprio caro; a ciò si aggiunge il fatto che il popolo messicano è profondamente sfinito da questa situazione, quello che si sente ripetere è “basta violenza, siamo stanchi!”.
Il Messico sembra essersi impantanato in una situazione con poche vie d’uscita, una realtà in cui chi dovrebbe garantire il rispetto della legge e la protezione dei cittadini spesso agisce in direzione opposta in collaborazione con gruppi di paramilitari e cartelli della droga. L’impunità è la norma e la violenza è ovunque, normalizzata, sembra quasi essere l’unica chiave di lettura della quotidianità del Paese.
Agli inizi di novembre il sindaco di Iguala José Luis Abarca e la moglie María de los Ángeles Pineda sono arrestati a Città del Messico con l’accusa di aver ordinato alla polizia di attaccare gli studenti e di non aver fatto abbastanza per proteggerli. Ma ora il popolo chiede le dimissioni del Presidente della Repubblica Enrique Peña Nieto che considera responsabile in quanto rappresentante di Stato.
Una dichiarazione del Presidente è arrivata, a fine novembre, in cui in effetti egli si prende la responsabilità della lotta alla criminalità: “México no puede seguir así, asumo la responsabilidad de la lucha para liberar al país de la criminalidad, para acabar con la impunidad y lograr que todos los culpables de la tragedia de Iguala sean castigados”. Per far questo ha anche annunciato l’imminente scioglimento di tutte le forze di polizia municipali (che l’opinione pubblica considera essere una delle istituzioni più corrotte) iniziando proprio dagli stati di Guerrero, Jalisco, Michoacán e Tamaulipas e parallelamente la creazione di una legge per implementare la lotta contro l’infiltrazione dei narcos nelle istituzioni. Operazione che permetterà alle autorità federali di assumere il controllo dei comuni.
Se non altro pare che questo evento di estrema gravità sia riuscito a smuovere l’assetto politico-istituzionale e queste decisioni sono un primo tentativo di azione concreta volta a stimolare un cambiamento in tutto il Paese.
Fonti:
Articoli su questo argomento da Internazionale e El País
di Elena Bagalà