Seminario di Formazione

In vista delle partenze dei borsisti Uni.coo (2014) dell’Università di Torino abbiamo proposto una serie di incontri seminariali dedicati ad approfondire gli strumenti metodologici dell’antropologia per affrontare la ricerca di campo, le relazioni con la cooperazione internazionale e le diverse prospettive teoriche e applicate del panorama latinoamericano.

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Primo incontro: prospettive metodologiche della ricerca su campo

Resoconto: Nonostante lo sciopero generale e i relativi problemi di trasporto, il seminario è stato inaugurato con un’abbondante partecipazione! Abbiamo constatato con piacere la presenza di studenti di altri indirizzi oltre a quello antropologico, assieme a dottorandi e borsisti Unicoo.
Il pomeriggio è iniziato con un saluto e un augurio del Prof. Dansero che ha sottolineato l’importanza dell’antropologia nell’ambito della Cooperazione e ci ha ringraziato per questa iniziativa, con la speranza e impegno che diventi un appuntamento periodico e sempre più ricco.
Dopo una breve e brillante presentazione della Presidentessa di Antropocosmos, Ilaria Rebecca Bonelli, sulle finalità e modalità degli incontri e lo spirito dell’iniziativa, sono iniziati i lavori veri e propri. Il primo intervento in programma è stato quello del Prof. Favole, realizzato in collegamento skype, che ha tratteggiato in maniera sintetica ed efficace i punti salienti della storia dell’antropologia rispetto agli strumenti metodologici della ricerca etnografica.

primo incontro-presentazione

Successivamente, Milena Annecchiarico ci ha raccontato dello sviluppo della disciplina antropologica in America Latina, alcuni dibattiti e prospettive salienti in diverse accademie latinoamericane, fino alla proposta contemporanea della “svolta decoloniale”. Dopo questi due interventi, e dopo una breve pausa, è stato il momento delle etnografie di Elena Bagalà e Chiara Carraro, che ci hanno introdotto agli strumenti e tecniche di ricerca su campo messi in atto durante le rispettive ricerche a Cuba e in Bolivia, così come le difficoltà e le criticità dell’utilizzo di determinati strumenti di registrazione, come la macchina fotografica, in contesti diversi da quelli di partenza del ricercatore.

primo incontro-etnografie

Una volta concluse le esposizioni si è aperto lo spazio per le domande che purtroppo abbiamo dovuto interrompere per motivi di tempo verso le 19, ma che è stato molto interessante e partecipato.

Secondo incontro: Etnografie e tecniche di ricerca

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I relatori della giornata sono stati due dottorandi in Antropologia – Unito, Lia Viola e Andrea Freddi, e una neodottorata, Alejandra Carreño Calderón, ricercatrice presso il Centro Franz Fanon di Torino, che ci hanno raccontato le rispettive esperienze di ricerca nei contesti dove hanno svolto il loro periodo di campo. I tre relatori hanno tratteggiato le loro diverse traiettorie come ricercatori in contesti etnografici diversi, il Guatemala, il Cile e il Kenya, mettendo in luce le contraddizioni e le criticità della ricerca etnografica, le problematiche della metodologia e del ruolo del ricercatore presso una popolazione altra. Al centro dell’incontro ci sono stati dunque alcuni temi caldi per chi fa ricerca etnografica e per chi si interroga, come tutti noi, sul rapporto tra antropologia e cooperazione in contesti diversi da quello di partenza del ricercatore-cooperante.
Come ben ha spiegato Andrea Freddi parlando della sua ricerca in Guatemala presso una comunità indigena maya, le domande che un ricercatore si pone all’inizio, prima di partire, possono poi rivelarsi prive di senso rispetto alla realtà incontrata una volta giunti sul campo, dove invece emergono altre problematiche e questioni profondamente legate alla contemporaneità delle popolazioni incontrate. L’arrivo sul campo è sempre piuttosto scioccante: certezze e ambizioni si sgretolano e nasce la necessità di essere flessibili, lasciandosi “dare” dal campo la direzione della ricerca, trovando degli argomenti che siano un ponte con i nostri interlocutori, avviando quindi una ricerca del terreno comune su cui costruire anche una relazione empatica.
L’etnografia quindi come pratica professionale e come esperienza di vita, ha la possibilità di aderire al campo, di farsi attraversare da esso per riformulare concetti, posizionamenti, domande e sguardi. Una possibilità che può accogliere anche la cooperazione intesa sopratutto come incontro con gli altri e come costruzione di relazioni di reciprocità, stando sempre attenti ai rischi di cadere nelle trappole etnocentriche che portano ad una visione ipersemplificata delle realtà locali e quindi al fallimento della comunicazione e della cooperazione.
Alejandra Carreño Calderón ha presentato un accurato intervento sulla sua ricerca di dottorato, conclusa nel 2013, che l’ha portata a svolgere la ricerca su campo presso alcune popolazioni aymará nell’altipiano tra Cile e Bolivia, indagando le pratiche mediche indigene in un contesto di estrema violenza. Le questioni presentate sono state molteplici, in particolare Alejandra si interroga e ci invita a fare altrettanto, sul senso e sulla aderenza degli obiettivi e le traiettorie personali nell’ambito della ricerca in relazione alle problematiche sociali concrete delle popolazioni presso cui ha rivolto il suo interesse, in un contesto di profonda violenza, sia fisica che simbolica, visibile e invisibile. A cosa serve l’antropologia in questi contesti? Può incidere positivamente sulle politiche sociali (della salute, nel suo caso) ed essere quindi un interlocutore alla pari di altre professioni? Si e ci chiede Alejandra.
Continuando su questo filo che unisce la pratica antropologica con una militanza sociale, Lia Viola ci ha portati nel vivo di un’altra questione molto complessa, oggetto della sua ricerca: l’omofobia presso una popolazione del Kenya. Anche Lia ci ha parlato delle delicatissime questioni metodologiche ed etiche che hanno attraversato e attraversano tutt’ora la sua tesi di dottorato. Fino a che punto il ricercatore deve e può partecipare con il suo impegno civico nella realtà in cui sta facendo ricerca? Com’è possibile unire i risultati di una ricerca con la militanza sociale?
Con queste e altre domande abbiamo concluso la giornata rinviando la prosecuzione della discussione e degli approfondimenti al terzo incontro arricchito dai preziosi contributi di ex borsisti di progetti Uni.coo, assieme a ricercatori e docenti che si affacciano al mondo della cooperazione con i propri contributi, discipline e prospettive.

 

Terzo incontro: Cooperazione e ricerca su campo

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In questa terza giornata del seminario è stata adottata una formula meno frontale, infatti i relatori erano molti ed è stata impostata una tavola rotonda, moderata da Vanessa Vidano, per agevolare il confronto e la discussione sulle diverse esperienze di ricerca etnografica nell’ambito della cooperazione internazionale e sul rapporto tra antropologia e cooperazione.

Giulia Majolino è stata la prima relatrice ad intervenire raccontando della sua esperienza con un progetto Unicoo svolto in Brasile a Fortaleza e che mirava alla problematizzazione del discorso identitario nei processi di trasformazione urbana, connettendo la costruzione dell’immaginario popolare con l’identità dei luoghi. Ha anche sottolineato i problemi organizzativi e tecnico-burocratici che hanno segnato la sua esperienza e i pro e i contro che ne sono derivati. Altre difficoltà che ha dovuto affrontare sul campo sono state quella di doversi rapportare con la violenza, di cui il quotidiano della sua ricerca è stato permeato, e il suo posizionamento politico nel ruolo di antropologa e ricercatrice.
Il secondo spunto è stato offerto dall’intervento di Guido Nicolàs Zingari sul progetto Unicoo in Togo a cui ha partecipato. Uno scenario in cui gli antropologi togolesi sono strettamente legati alla cooperazione, spesso sono antropologi cooperanti che fanno antropologia nella e con la cooperazione allo sviluppo. Guido invita a riflettere sulla ricerca di campo che può essere sempre considerata un tentativo incessante di microcooperazione e di mediazione in un’ottica in cui la complessivizzazione dei rapporti tra cooperazione e antropologia vede i livelli di discorso in sovrapposizione ed ibridazione.
L’intervento del Dott. Cristiano Lanzano è stato incentrato sul progetto di ricerca sul genere e sullo sviluppo rurale in Africa sub sahariana, finanziato dall’Italia e rivolto all’indagine delle dinamiche di sviluppo rurale secondo il genere. Viene problematizzato il tema del posizionamento dell’antropologo all’interno di un arena in cui antropologia e cooperazione sembrano usare registri linguistici differenti; inoltre all’interno di ricerche commissionate e con ranghi politici imposti sembra non sia possibile svolgere una ricerca libera.
Il quarto e ultimo spunto è stato proposto dalla Prof.ssa Chiara Ghisleri che ha parlato delle dinamiche di lavoro nei progetti di cooperazione. I progetti UNICOO vengono indagati nelle loro contraddizioni anche da un punto di vista psicologico e lavorativo dalla relatrice, che invita a guardare all’esperienza di cooperazione da una prospettiva anche più interna al soggetto che la vive. Emerge l’importanza e il disagio che le differenze culturali possono provocare, insieme ad una differenza nell’intendere i ruoli di genere o al funzionamento delle regole sociali e relazionali. Inoltre il cooperante dovrà cercare di comprendere gli obiettivi del progetto e delle committenze fronteggiando l’impatto con il luogo di destinazione e l’Alterità con cui dovrà lavorare, cercando di destreggiarsi all’interno del dedalo burocratico in cui spesso ha la sensazione di trovarsi.

 

Quarto incontro: Progetti Unicoo in partenza, a confronto

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Presentazione a cura di Milena Annecchiarico del progetto “Arti e mestieri nel Chaco Argentino” ideato da Antropocosmos. Il progetto Uni.coo intende offrire strumenti operativi dell’antropologia socioculturale applicata alla cooperazione, in continuità con le azioni che Antropocosmos promuove dal 2010 a sostegno delle comunità indigene prevalentemente artigiane e contadine della regione nord­est e nord­ovest dell’Argentina. Le azioni si svolgono presso le comunità dell’etnia Qom della regione chaqueña, tra cui: Movimiento Qompi Voque Naqockta, Chaco; la Comunità La Primavera Potae Napocna Navogoh, Formosa. Il progetto interviene nell’ambito delle strategie di sviluppo comunitario in atto presso le comunità attraverso la produzione di manufatti artigianali, cooperative di lavoro autogestito e circolazione di arti e mestieri locali. Con questo progetto, Antropocosmos vuole proporre una modalità alternativa di cooperazione allo sviluppo basata sul sostengo e la visibilizzazione delle attività già in atto presso le comunità con cui è in contatto, valorizzando le tecniche e i saperi locali, ovvero senza portare dall’esterno una proposta di cooperazione potenzialmente fallimentare o incapace di ascoltare e raccogliere le necessità e le competenze locali.

In conclusione dei lavori sono state raccolte delle considerazioni e delle valutazioni di fine seminario. Ilaria Rebecca Bonelli ha ribadito che il seminario ha avuto come principale finalità quella di unire prospettive antropologiche e della ricerca su campo alla cooperazione internazionale. Per questo ci è sembrato opportuno proporre il ciclo ai borsisti Uni.coo e aprire il dibattito in una piattaforma che possa articolare esperienze, prospettive e criticità a beneficio del lavoro professionale antropologico e della cooperazione. Ribadiamo il nostro interesse come associazione a consolidare un metodo di lavoro condiviso per approfondire questi temi, tra altri, in dialogo con la formazione antropologica universitaria, le altre discipline e il mondo del lavoro fuori l’accademia e ci auguriamo di poter continuare a lavorare su questi argomenti prossimamente con altri seminari di formazione.

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