di Milena Annecchiarico
24 gennaio 2013
“Come sarebbe un paese messicano senza l’impronta urbanistica e sociale dell’epoca coloniale? Ovvero, come sarebbe un centro abitato che non abbia subito il processo coloniale, prima, e neocoloniale poi? Probabilmente, non avrebbe una piazza centrale, con la chiesa e il palazzo municipale, con i palazzi dei governatori e delle famiglie ricche bianche e cattoliche, con i negozi di marche locali e straniere che chiamano al consumo… e la povera gente, indigena color de bronce, ammassata in squallide case dai tetti di lamiera, mendicanti di briciole che si prostituiscono per il turismo tra le vie eleganti del centro…E le sue strade, sarebbero a struttura ortogonale, come praticamente tutte le città fondate dagli spagnoli nelle Americhe? Come sarebbe la geografia umana della città indigena? Quale filo unisce quei grandi centri archeologici del passato con le comunità attuali indigene, che vivono fuori dai centri urbani postcoloniali, nelle montagne o nella selva?” Mi chiedevo dopo aver visitato il grande stato messicano a maggioranza indigena, Oaxaca, giorni prima di arrivare a Oventic in Chiapas, e prima ancora di visitare i grandi centri archeologici maya.
Tra la fitta selva de Los Altos de Chiapas, in Messico, in una giornata fredda e piovigginosa di novembre, sono andata a Oventic. Il tragitto è semplice anche se poco transitato da gente forestiera: dal mercato di San Cristobal de las Casas partono minivan bianchi da 10-12 posti, o anche taxi collettivi, da cinque posti o anche piú… che per pochi pesos, si arrampicano su per le montagne fino ai 2000 metri, in piena selva, e poi ancora più lontano fino vai a sapere dove. Oventic o Oventic Grande sta lungo la strada a curve, a 1920 mt di altitudine nella selva, a un certo punto e senza preavviso: siete arrivati a Oventic. Il giorno che sono andata io, pioveva forte quando il taxista ci ha avvisato di essere arrivati.
Sulla strada, due cartelli ci avvertono “ESTÁ USTED EN TERRITORIO ZAPATISTA EN REBELDIA. AQUI MANDA EL PUEBLO Y EL GOBIERNO OBEDECE” e “PARA TODOS TODO, NADA PARA NOSOTROS. MUNICIPIO AUTONOMO REBELDE ZAPATISTA. JUNTA DEL BUEN GOBIERNO. CORAZON CENTRICO DE LOS ZAPATISTAS DELANTE DEL MUNDO, ZONA ALTOS”. Poi, alcune casette di legno dipinte con murales e con insegne “ se venden paletas de frutas..”, “Clínica la Guadalupana” e” tienda cooperativa zapatista”, dove gente del posto e un ragazzo evidentemente straniero stavano al riparo dalla pioggia. L’aria fredda e fitte nuvole cariche d’acqua e di attesa aumentavano l’emozione. Dall’altra parte della strada, ecco un lungo cancello di legno con due cabine con il tetto in lamiera da cui ci osservano i primi volti coperti dal passamontagna.
“Per poter entrare a Oventic, bisogna chiedere l’autorizzazione all’ingresso; vi faranno delle domande, chi siete, cosa volete conoscere, perchè siete qui, ecc…poi andranno a consultare la Junta del Buen Gobierno che valuterà la richiesta, e solo dopo torneranno ad aprirvi”, ci spiegava qualche giorno prima un’amica di San Cristobal de Las Casas, aggiungendo anche che non sempre lasciando passare. Cosí, io e il mio compagno ci siamo registrati, abbiamo risposto alle domande del formulario, tra l’eccitazione, un po’ di ansia per sentirci, in fondo, gli ennesimi ficcanaso e tanta tanta pazienza da parte di tutti. Dopo aver aspettato un altro po’, finalmente ci hanno aperto il cancello. Due uomini ci accompagnarono fino alla casa dove si riunisce la Junta del Buen Gobierno, invitandoci ad aspettare, di nuovo, che ci ricevessero, seduti sotto un tetto. Lì c’era anche il ragazzo incontrato fuori, catalano, che aspettava anche lui. Aspettavamo di essere chiamati dalla Junta che ci avrebbe accolto nel suo ufficio per parlare della loro resistenza, – “cosa volete conoscere? Il nostro sistema educativo, medico o l’ agroeconomia?”, dovevamo rispondere all’ingresso -, parlare di loro e di noi, – “Di dove siete? Cosa fate nella vita? Perchè siete arrivati fino a qui?” – e lasciare un segno, una stretta di mano, una parola, della nostra ammirazione e appoggio alla loro esistenza.
“Perchè dobbiamo aspettare tanto per entrare?!”, così si lamentava una ragazza qualche giorno prima, secondo quanto mi diceva la mia amica di San Cristobal de Las Casas. “Noi abbiamo aspettato cinquecento anni, cosa sono per te pochi minuti?”, le rispondevano dalla Junta.
Dopo il ragazzo catalano, siamo entrati noi. La stanza era piena di manifesti delle mobilitazioni zapatiste degli oltre 20 anni di lotta, di bandiere e posters regalati dalle tante associazioni che da svariate parti del mondo si sono recate fino a lì, per un omaggio, un segno di solidarietà e di presenza.
Pensavo, prima di entrare, che onore essere ricevuti dai rappresentanti di un governo e di un popolo così unico nel mondo. Che sensibilità e pazienza enorme da parte loro ricevere giorno dopo giorno gente che, come noi e più di noi, arriva da lontano, perfettamente consapevoli del valore che ogni sguardo, ogni parola, ogni incontro e ogni emozione acquista in quel posto. Veramente, un esempio di umiltà e di pazienza, alla base della loro resistenza.
Una volta dentro la casa della Junta, ecco il portavoce, seduto dietro una scrivania, con il volto coperto da un fazzoletto rosso che solo gli lasciava scoperti gli occhi e la fronte. Affianco a lui, c’era una donna e un altro uomo, tutti con lo stesso fazzoletto e con un espressione immutabile nei volti, una roccia di fermezza. Dietro di noi, seduti in fondo, altri tre uomini con il passamontagna ascoltavano in silenzio; direi che fossero guardie. Uno di loro poi, ci avrebbe accompagnato fino alla scuola che avevamo chiesto di poter visitare. Mentre il portavoce – così lo chiamo io- ci dava alcune essenziali informazioni, con tono cordiale e severo allo stesso tempo, traspariva da dietro il fazzoletto un sorriso e una tenerezza nello sguardo che contrastava con la serietà immutabile delle altre persone e con la solennità di ogni atto. Ci ha fatto una breve presentazione di Oventic con parole d’ordine zapatiste, un discorso probabilmente tante volte pronunciato, scusandosi per il poco tempo che ci avrebbe potuto dedicare, “abbiamo molte cose da fare”. Anche noi ci siamo presentati, – Che dire! Che dire!- con qualche domanda e un ridicolo ringraziamento – ridicolo perchè le parole quasi non uscivano e ci sembravano banali. Comunque, soddisfatti e felici abbiamo poi girovagato per la strada, l’unica, di Oventic e scattato qualche foto “a qualunque cosa tranne le persone con i volti scoperti e le targhe delle macchine”.
Le donne e gli uomini incontrati portavano tutti, ad eccezione dei più giovani e dei bambini, i volti semicoperti dal passamontagna o dal fazzoletto rosso, che poi abbiamo ritrovato in vendita nel negozio-bar prima di uscire da Oventic, assieme a magliette, cd-rom, cartoline, poster, quesadillas e bibite.
Oventic è il centro politico zapatista, questo era chiaro, o anche caracol (lumaca in spagnolo) zapatista, con il lemma “lento, ma avanzo”, come loro stessi chiamano le comunità zapatiste; dietro il cancello d’ingresso si allunga in discesa una strada semi asfaltata per circa un kilometro, per poi perdersi nella selva. Sui due lati si trovano le costruzioni del centro: la Casa Junta del Buen Gobierno, ovvero il consiglio di uomini e di donne che gestiscono gli affari di governo delle comunità sparse per tutto lo stato del Chiapas, dalle alte montagne fino alla selva tropicale; in fondo, c’è l’unica scuola superiore zapatista, dove non ci sono maestri, bensì promotori, con una grande residenza per gli studenti che provengono dai caracoles sparsi per il Chiapas – non saprei dire quanti studenti ospitasse, ma dalle dimensioni direi parecchi. Vicino alla scuola, c’è un campo sterrato di basket o di calcio, orti, un centro medico con ambulanze per le emergenze e con un paio di macchine posteggiate, abitazioni con donne e bambini affacciati alle porte, qualche mercato di prodotti artigianali e cooperative alimentari, case con le sedi delle rappresentanze delle altre comunità, infine, tutto ciò che occorre per l’autonomia politica, economica e sociale. Tutte le costruzioni, principalmente di legno, sono bellamente dipinte con coloriti murales e diverse scritte in entrambe le lingue, in spagnolo e in tzotzil, una delle principali lingue maya parlate in Chiapas, che parlano di vita, giustizia e dignità. Emiliano Zapata, donne-mais, zapatisti-mais, EZLN, caracol zapatista lento pero avanzo, divinità maya, la Guadalupe zapatista, ritratti di uomini e donne, animali e paesaggi.
Oventic è l’unico caracol che si possa visitare, tra le montagne degli Altos de Chiapas, dove si recano tutti coloro che vogliono conoscere l’esperienza zapatista, sentire di persona le loro voci, in tzotzil o piú raramente in spagnolo, percepire anche solo per qualche ora la densità delle montagne, delle nuvole e della loro resistenza.
Milena Annecchiarico
- caracol zapatista: “lento ma avanzo”
- Casa della Junta del Buen Gobierno
- granos zapatistas de mais
- Sulla strada, prima di entrare a Oventic, caracol zapatista.
- Società Cooperativa Artigianale di donne, “Nichim Rosa”
- “Somos la tierra creciendo la Autonomía”
- “Zapata vive – la lucha sigue”
linda descripciòn, llena de colores, imàgenes y sensaciones. La lectura invita a conocer el lugar, pero sobre todo a profundizar los conocimientos sobre estos pueblos y su historia.
Grazie Milena, per questa fine descrizione con cui mi hai portato in questo luogo. Con la mente e con il cuore mi hai avvicinato al luogo ed alle persone che lì vivono….
Ciao Milena,
questa estate sarò in Messico.
Mi piacerebbe molto visitare una Caracol Zapatista.
Potresti gentilmente darmi qualche informazioni su come organizzarmi?
Saro a San Cristobal dal 11 agosto al 16 agosto.
Si trovano agenzie che propongono questa visita in giornata con ritorno a San Cristobal?
Potresti indicarmene qualcuna?
Grazie mille della disponibilità.
Angelo
Ciao Angelo!
mi fa piacere che tu abbia letto il racconto di viaggio e che ti invogli a partire! Visitare Oventic è veramente un’esperienza unica!
Per andare fino a lí, si possono usare i trasporti pubblici come i bus o taxi collettivi che partono dal mercato centrale di San Cristobal, idem per ritornare, ne fermate uno sulla strada fuori da Oventic. Ci sono anche alcune agenzie che da san cristobal ti portano in giornata. La mia esperienza è esserci andata, come leggi nel racconto, in un taxi collettivo, cioé assieme ad altre persone che fanno lo stesso tragitto; l’autista ti avvisa quando passa per Oventic, voi scendete letteralmente in mezzo alla strada e lí vedete l’entrata al caracol. a quel punto, vi avvicinate e chiedete alle “guardie” di voler visitare Oventic. se cosí lo decidono, vi accolgono, come hanno fatto con noi (era un giorno di pioggia e non c’era praticamente nessun visitatore oltre a noi). è una bella esperienza anche perchè si vive la sorpresa di entrare anche solo per un attimo in un mondo unico e conoscere una delle piú grandi storie di resistenza indigena contemporanea.
Voi parlate spagnolo? o ve la cavate minimamente? perchè da quelle parti molti parlano uno spagnolo mischiato con le lingue indigene, e se non parlate allora magari l’opzione piú tranquilla per voi sia andare con un’agenzia, che troverete e contratterete direttamente a san cristobal, non potete perdervi, il “turismo zapatista” va alla grande, giá ve ne accorgerete..
un abbraccio e buon viaggio!! e buone letture prima della partenza!!