di Elena Bagalà
11 Febbraio 2013
Nell’estate del 2006 mi trovavo in Cina, precisamente a Pechino, per un approfondimento dello studio della lingua cinese presso l’Università del Popolo. Durante il periodo di permanenza, io e miei compagni di studio, siamo stati accompagnati dai nostri professori cinesi a fare alcune visite guidate per la città e ad una gita, durante un fine settimana, nella zona della Mongolia Interna.
In effetti prima di andarci non sapevo neanche che esistesse. Quest’area nel nord della Cina infatti è una zona che una volta era abitata in gran parte dal popolazioni nomadi mongole. Storicamente è stato un territorio di confine tra Mongolia, Cina e Russia e soggetto a continue contese; già dal periodo storico denominato dei Regni combattenti (453 a.C.-221a.C.) le dinastie cinesi tentavano di stabilire il loro predominio in quest’area.
Neanche il grande condottiero Genghis Khan, dopo aver riunificato le tribù mongole e fondato l’Impero Mongolo (XII-XIII sec.), riuscì a mantenere il controllo su questo territorio che, durante la Seconda Guerra Mondiale, passò definitivamente sotto il dominio cinese. Dal 1947 venne istituita la Regione Autonoma della Mongolia Interna (dove con “interna” si intende appunto sottolineare la sua appartenenza al Celeste Impero) che, successivamente alla costituzione della Repubblica Popolare Cinese e alla sua politica espansionistica, si ingrandì ulteriormente. Già dal XIX secolo era stata messa in atto una colonizzazione di massa della Mongolia Interna da parte di popolazione cinese ed i Manciù, conseguentemente, si ritrovarono ad essere sempre più sinizzati. Inoltre fu introdotto lo studio obbligatorio della lingua cinese, diventata lingua nazionale accanto al mongolo, così come il cambio di valuta…
Tornando al mio viaggio, di venerdì pomeriggio siamo andati alla Stazione di Pechino e abbiamo preso il treno che viaggiando tutta la notte ci ha portato a Hohhot, capoluogo della Mongolia Interna. Nel paese delle lunghe distanze ciò che sulla cartina della Cina sembrava un luogo molto vicino alla capitale si è rivelato essere a 9 ore di treno e a circa 400 km da Pechino.
In effetti una volta arrivata ho percepito immediatamente molte differenze rispetto al luogo di partenza: Pechino è una metropoli tra le più inquinate al mondo, anche a livello acustico, ed in cui l’umidità, mescolata allo smog, forma una coltre spessa attraverso la quale è praticamente impossibile scorgere il colore del cielo, si ha sempre la sensazione di avere la vista annebbiata e di essere avvolti dalla foschia. Questo, devo dire, è uno degli aspetti che ho sofferto di più durante la mia permanenza in Cina e quindi è stata una delle prime cose che mi ha colpito all’arrivo in Mongolia Interna; per quanto fosse nuvoloso abbiamo finalmente respirato un’aria nuova e visto il cielo!
Dopo aver visitato velocemente il centro della città e fatto colazione, ovvero pane al vapore e altre pietanze di dubbia classificazione accompagnate da tè con del burro che dava un gusto un po’ salato alla bevanda, abbiamo ripreso il viaggio, un pullman ci ha portato fuori dall’area urbana per condurci nella steppa, il paesaggio più caratteristico del territorio. Abbiamo percorso una stradina sterrata in mezzo ai prati, tutta piena di dossi e di buche, che ci ha condotto ad un piccolo villaggio mongolo dove gli abitanti ci hanno accolto con un brindisi di ben venuto a base di baijiu (letteralmente i caratteri che compongono il nome significano rispettivamente “bianco” e “bevanda alcolica”), distillato di origine cinese, normalmente estratto dal sorgo e dal riso, dal sapore abbastanza sgradevole, ma che ci ha messo subito di buon umore.
Il villaggio era senza dubbio una meta turistica collaudata, gli abitanti erano pronti ad accoglierci, nei loro vestiti tradizionali e tutto era stato pianificato. Devo dire che questo aspetto lo noto più ora, ripensando a quel viaggio a distanza di anni e grazie alle categorie antropologiche di lettura della realtà, piuttosto che allora. In effetti l’obiettivo di quella gita era “conoscere” la Mongolia Interna e la maniera più immediata per raggiungere questo scopo era sottolineare le differenze, le specificità mongole, ed è stato proprio questo ciò che ci hanno fatto trovare.
Dopo l’accoglienza siamo stati accompagnati a visitare una delle loro case, i padroni ci hanno offerto caramelle di burro da sgranocchiare in segno di ospitalità e si sono fermati a chiacchierare un po’ con noi, una conversazione un po’ forzata, tra il nostro cinese un po’ stentato ed il fatto che loro si sforzassero di parlare in una lingua che non sentivano la loro e che normalmente non usano tra le mura domestiche…
Alla visita della casa è seguita una cavalcata, sui cavalli mongoli, molto piccoli, quasi dei pony, ma molto più snelli. Le nostre guide ci hanno accompagnato a fare un giro nei paraggi del villaggio, tra prati che si stendevano a perdita d’occhio e di un verde che mi ha colpito per la sua tonalità tendente allo smeraldo che non avevo mai visto in vita mia.
Tornando dalla cavalcata siamo stati invitati ad accomodarci alle tavolate predisposte per la cena, menù mongolo, a base di carne, e intervallato da numerosi brindisi di ringraziamento e buon auspicio sempre a base di baijiu. La serata è proseguita in allegria con canti e musiche sotto un cielo stellato davvero imponente e che abbiamo concluso andando a dormire nella “tipica” tenda mongola, la yurta. Questa costruzione, molto semplice e circolare, composta da una struttura di sostegno con una copertura di stoffa, era in realtà molto più capiente di quanto ci aspettassimo, ognuna di esse infatti conteneva una decina di persone.
L’indomani abbiamo iniziato la giornata con un’abbondante colazione servitaci nel villaggio, come la cena della sera prima e poi abbiamo assistito ad una dimostrazione della lotta mongola, che consiste in una lotta a corpo libero che mira ad atterrare l’avversario e a cui alcuni di noi hanno partecipato. Dopo di che siamo risaliti sul pullman e siamo ritornati verso Hohhot, di cui abbiamo potuto apprezzare la veste notturna, visitando le vie del centro e la piazza principale tutta illuminata con insegne e luci colorate.
Domenica sera siamo tornati alla stazione e siamo risaliti sul treno notturno per Pechino e così si è conclusa la nostra gita in Mongolia Interna.
Questa fugace esperienza, che non posso certo ritenere di esaustiva conoscenza, ma al contrario, un brevisso incontro, mi ha lasciato un bel ricordo e qualche pensiero circa la continua tensione tra la tradizione mongola e la presenza, anche un po’ ingombrante, della Cina. In effetti percepisco un senso di risata amara al pensiero che ciò che i cinesi hanno cercato di sottomettere e di sinizzare per tanto tempo sia proprio ciò che ora sfruttano e mettono in risalto per fini turistici. Storicamente infatti l’atteggiamento della Cina verso i suoi territori di confine è stato aggressivo, fagocitante, anche dal punto di vista culturale ed è interessante notare questi cambi di direzione dettati da modifiche delle politiche governativo-economiche.
Ciao
Vivo in Mongolia, quella non occupata dalla Cina, e leggendo quello che hai scritto ho trovato delle cose non corrette, solo perchè tu sappia che esiste una Mongolia più vera, non distrutta culturamente dai cinesi( ma dai russi)
Te le cito cosi come sono scritte.
” Neanche il grande condottiero Genghis Khan, dopo aver riunificato le tribù mongole e fondato l’Impero Mongolo (XII-XIII sec.), riuscì a mantenere il controllo su questo territorio che, durante la Seconda Guerra Mondiale” 2 errori madornali.
“the con il burro” è quello tibetano, i mongoli bevono il thè con il latte.
baijiu, non è una bevanda mongola, sicuramente quelli che hai incontrato erano eccessivamente e tristemente stroppo sinizzati.
Spero di non risultarti antipatico con queste osservazioni.
Alfredo
Ciao Alfredo,
sono l’autrice del testo sulla Mongolia Interna, innanzi tutto grazie per averlo letto e commentato il testo, anche se devo dire non ho capito bene gli appunti che mi fai… Tuttavia mi dai modo di chiarire il senso di ciò che ho scritto e questo è un bene!
Io non ho mai detto che esista una Mongolia “finta” ed una “pura” (cosa che tra l’altro riterrei una finzione), il punto del racconto non voleva essere assolutamente una celebrazione di tradizioni… ho solo sottolineato alcuni dei cambiamenti avvenuti in quell’area dalla dominazione cinese in avanti basandomi su una esperienza di viaggio personale, un viaggio molto breve che in nessun modo ritengo sia stato esaustivo, anzi è con ironia che sottolineo la sua finalità “conoscitiva”.
Per quanto riguarda i due errori che mi segnali non ho capito quali siano, non hai spiegato cosa ci sia di errato in quello che ho scritto e cosa tu ritieni sia corretto, in ogni caso non volevo fare nè una lezione di storia nè dare una completa cronologia, ma solamente alcuni cenni, ho detto che era un territorio di confine e soggetto a continue contese (quindi sia soggetto a dominazione russa che cinese), e poi ho dato dei cenni storici, citato Genghis Khan e riassunto che la Mongolia Interna, dopo vari passaggi che non mi è sembrato il caso di sottolineare, è definitivamente cinese da dopo la Seconda Guerra Mondiale…Quali sono le imprecisioni?
A me è stato offerto il the con il burro e non ho scritto che il baijiu sia mongolo da nessuna parte (ma si può esplicitare), so bene che è cinese! Il punto del racconto vuole essere proprio questo, sensazioni e riflessioni sulla commistione tra due esistenze culturali ed il loro significato.
Soprattutto perché come ho detto ci sono stata solamente due giorni ed è chiaro che in due giorni non si può conoscere tutto, ho proprio fatto notare infatti, e con ironia, il fatto che gli stessi cinesi ci portassero a “conoscere” la mongolia dopo averla occupata…
Rimango disponibile ad ulteriori chiarimenti
Saluti
ciao ho letto il tuo post volevo info se ne siete a conoscenza delle differenze culturali tra cina e mongolia …ho un caso studio per l’università ma non riesco a trovare la cultura mongola mi potrste aiutare? grazie
Ciao Carla, in tanto ti ringrazio per aver letto l’articolo e per aver deciso di contattarci!
Parto da una premessa, io ho studiato lingua cinese e ciò che veniva definito “cultura cinese”, in maniera molto generica anche perché la Cina è grande e racchiude in sé una grande varietà di sfumature culturali, ma non ho mai fatto studi sulla Mongolia.
Detto questo non so cosa intendi per “caso studio” e quanto debba essere approfondito il lavoro che devi fare, in ogni caso sia in rete che in biblioteca potrai trovare sicuramente materiale in abbondanza per farti un’idea generale dell’argomento. Se invece hai tempo e le possibilità andare a scoprire la Mongolia con i tuoi occhi mi sembra la soluzione più interessante!
In bocca al lupo per il tuo lavoro, se desideri puoi contattarci nuovamente mandandoci una mail all’indirizzo che trovi qui sul sito sotto “Contact”!
Mi è sembrato di tornare improvvisamente sotto il cielo stellato della Mongolia Interna! Chissà per quanto tempo ancora questo posto rimarrà lontano dalla decadenza del paesaggio portata dall’urbanizzazione senza regole…