di Elena Bagalà
23 Agosto 2012
Dal 26 al 28 marzo 2012 il Papa è stato in visita a Cuba, in particolare, mercoledì 28 in mattinata è stato accolto nella Plaza de la Revolución dell’Habana, molto vicino alla casa in cui ho vissuto. Nei giorni precedenti al suo arrivo ho potuto notare i preparativi in atto: hanno cominciato ad apparire manifesti che pubblicizzavano l’evento e le strade si sono riempite di poliziotti-militari che poco a poco si potevano scorgere in quasi ogni incrocio del quartiere.
Nella piazza è stato montato un grande palco con un sistema di amplificazione, la parete di uno degli edifici che vi si affaccia è stata completamente ricoperta da un grande cartellone raffigurante la Virgen de la Caridad del Cobre, patrona dell’isola, recitante lo slogan De Jesús a María e su un altro edificio è stata applicata la scritta La caridad nos une (La carità ci unisce). Nelle strade circostanti la piazza sono stati montati provvisori bagni pubblici (cabine di metallo posizionate in corrispondenza dei tombini) e gazebo per la vendita di cibi e bevande. Qualche giorno prima dell’evento passando per la piazza ho visto gli spalti pieni di gente che stava ensayando (facendo le prove per l’evento) lì sotto il sole di mezzogiorno.
Martedì 27 il quartiere sembrava quasi disabitato, non si vedeva quasi nessuno per strada, il mercato era stato chiuso e la gran parte dei negozi anche; i luoghi che erano rimasti aperti erano praticamente vuoti, le merci scarseggiavano più del solito ed era stata sospesa la vendita di alcolici in bottiglia. Durante la notte centinaia di pullman, provenienti da metà del paese e carichi di gente, sono arrivati nella capitale e hanno iniziato a formare una lunga serpentina di veicoli in sosta riempiendo tutta Calle Bolleros, una delle principali arterie della città che costeggia la Piazza e che era stata chiusa per l’occasione.
Mercoledì le scuole ed i luoghi di lavoro sono rimasti chiusi e mi è stato spiegato che tutte le persone che sono arrivate con i pullman non erano pellegrini, ma bensì delegazioni dei centri di lavoro di tutte le province. In pratica persone che non avevano deciso di recarsi ad incontrare il Papa per fede o per libera scelta, ma lavoratori che non potevano fare altrimenti. Di fatti nelle giornate di manifestazioni di piazza organizzate e appoggiate dal Governo, i lavoratori pubblici (che a Cuba sono la stragrande maggioranza) sono obbligati a recarsi a questi eventi insieme ai datori di lavoro. Questo dipende dal fatto che la loro mancanza verrebbe considerata come assenza sul posto di lavoro e la quasi totalità dei lavoratori statali non può permettersi questa assenza. Perché?
Il dipendente statale cubano percepisce uno stipendio in pesos cubani, moneda nacional, normalmente molto basso, tanto da non essere sufficiente nemmeno per la sussistenza, ed un “premio presenza” in pesos convertibili (CUC), equiparati al dollaro e comunemente chiamati divisa. Mediamente l’ammontare dello stipendio in moneda nacional si aggira tra i 350 ed i 450 pesos mensili, il corrispettivo di circa 15-20 dollari (24 pesos cubani corrispondono ad 1 peso convertibile); il “premio presenza” corrisponde a 10 pesos convertibili, ovvero 10 dollari…
Inutile specificare che questa integrazione al salario viene consegnata solamente ai lavoratori che non hanno fatto nessun giorno di assenza dal lavoro, ciò include anche il fatto di non potersi ammalare, giacché pur possedendo un certificato medico, l’assenza per malattia determina la perdita della divisa.
Tornando alla visita papale, questo evento, come anche altri giorni di mobilitazione (es. il 1 maggio), vengono considerati a “presenza obbligatoria” per i lavoratori i cui centri di lavoro inviano delegazioni. Così si chiude il nostro cerchio!
Questa lunga parentesi che ho dedicato alla descrizione degli stipendi e delle delegazioni dei centri di lavoro può sembrare un po’ fuori luogo, ma è proprio in questo nesso che io vedo l’aspetto più interessante della questione. Di fatti è grande la differenza tra il pensare ad una folla di fedeli che si è riunita a Cuba per ascoltare il Pontefice oppure essere a conoscenza dei meccanismi statali che programmano questa affluenza; a livello mediatico, come di immaginario, reputo fondamentale questa distinzione per riuscire ad analizzare e a comprendere quello che è successo.
Non sono andata a sentire il discorso del Papa e non ne parlo volutamente. Ho scelto questo evento, ma avrei anche potuto parlare di altro. L’intento è stato quello di raccontare tutto quello che ho visto e quello che ho capito, quello che gira attorno a questo tipo di avvenimenti per cercare di dare un’immagine differente: fare una cronaca del retroscena e dare spazio a ciò che normalmente viene considerato il “dietro le quinte” di grandi eventi ufficiali, spesso di grande rilievo per la politica internazionale.
di Elena Bagalà