di Elena Bagalà
LA RUEDA DENTADA (1972)
Qué alma tan blanca, dicen,
la de aquel noble pastor.
Su piel tan negra dicen,
era por dentro nieve,
azucena,
leche fresca,
algodón.
Qué candor.
No había ni una mancha
en su blanquísimo interior
(en fin valiente hallazgo:
<<El negro que tenia el alma blanca>>,
aquel novelón.)
Pero podría decirse de otro modo:
Qué alma tan poderosa negra
la del dulcísimo pastor.
Qué alta pasión negra
ardía en su ancho corazón.
Qué pensamientos puros negros
su gravido cerebro alimentó.
Qué negro amor.
tan repartido
sin color.
¿Por qué no,
por qué no iba a tener el alma negra
aquel heroico pastor?
Negra como el carbon.
[Nicolás Guillén]
A proposito del recente articolo Sobre la discriminación racial en Cuba, pubblicato sul nostro sito, vorrei segnalare l’interessante documentario cubano Raza che si focalizza proprio sulle problematiche legate al tema razziale sull’isola di Cuba.
Questa è la presentazione che ne viene fatta sul blog degli stessi produttori del documentario:
Basado en la problemática racial en la Cuba actual, a través de las voces de investigadores, funcionarios, músicos, pintores y población en general. Con el objetivo de servir de reflexión abierta sobre el tema y, a su vez, como reconocimiento sociohistórico y cultural del papel de los negros en la formación y consolidación de la identidad cubana.(*)
(fonte: http://delfinarte.blogspot.it/2008/10/documental-raza.html)
Questo lavoro ha richiamato la mia attenzione proprio perché, come viene specificato nella presentazione, al suo interno si dà voce a studiosi ed esperti e allo stesso tempo anche alla gente comune. Viene fatta una panoramica dell’opinione pubblica cubana sul tema del razzismo affiancata da riflessioni di intellettuali, trattando l’argomento da vari punti di vista e attraverso l’utilizzo sia di interviste formali, organizzate in ambienti ufficiali, sia attraverso la documentazione di “interviste volanti” fatte alle persone mentre passeggiano per la città. Da questo lavoro emergono le reazioni spontanee provocate dalla domanda diretta: “Esiste il razzismo a Cuba?”, mettendo in risalto la necessità di parlarne o, al contrario, l’imbarazzo che spesso provoca il fatto di doversi esprimere apertamente su questo argomento. Vengono affiancate testimonianze di persone che non nascondono il loro pensiero razzista o che addirittura negano la presenza del razzismo sull’isola a quelle di chi ne ammette la presenza e le diverse sfaccettature legate alle sue molteplici manifestazioni o a ciò che ad esso viene associato. In questo modo non ci si limita a tenere conto di statistiche, dati ufficiali o studi riconosciuti, ma si mostrano anche le emozioni, le insofferenze o giustificazioni, i pareri contrastanti, insomma tutto l’universo psicologico dell’opinione pubblica cubana attraverso le persone interpellate, cosa che senza dubbio arricchisce il lavoro di un valore aggiunto.
Il documentario dà spazio a numerosi artisti cubani e proprio a loro si deve l’attenzione che questo riserva alla considerazione della questione razziale anche per quanto concerne la cultura, l’immaginario e l’educazione. Sono aspetti, questi, che raramente vengono presi in considerazione per quantificare la presenza o meno della discriminazione razziale, ma che credo siano essenziali per riuscire ad avere un quadro complessivo della situazione ed una immagine più nitida di ciò che compone la vita quotidiana e le esperienze di razzismo che in essa si possono verificare.
L’intellettuale e direttore dell’Editoriale della Casa de las Américas, Roberto Zurbano, mette in evidenza il collegamento tra la presenza del razzismo nella società attuale e le sue origini storiche risalenti all’epoca coloniale, sottolineando tuttavia il processo di cambiamento che in questo lasso di tempo si è verificato. Il razzismo storico era in effetti un razzismo antinegro, ovvero un razzismo per cui le persone nere venivano discriminate e marginalizzate sulla base del colore della loro pelle. Nella società contemporanea si nota il persistere di pregiudizi originati dalla dominazione coloniale che sono rimasti culturalmente incorporati, ma non solo; le forme di razzismo odierne sono molteplici e spesso più sottili, meno esplicite o addirittura inconsapevoli, ma non per questo meno dolorose.
Tato Quiñones, giornalista e ricercatore intervistato nel documentario, evidenzia come è percepibile, almeno per quanto riguarda l’Habana, un atteggiamento di discriminazione da parte della polizia, lui la definisce una “pressione” che viene esercitata maggiormente sulle persone nere. In particolare egli dice di aver verificato personalmente che su dieci persone, fermate dalla polizia per essere identificate, otto sono nere.
Una delle interviste in cui l’aspetto più inconsapevole della discriminazione viene messo in risalto in modo eclatante invece è quella che viene fatta alla pedagoga ed insegnante di danza classica Elizabeth Concepción, la quale non si considera una persona razzista, ma sostiene, con convinzione, la teoria secondo la quale la conformazione fisica delle persone nere le rende, di fatto, inadatte allo studio della danza classica. In pratica giustifica il suo pensiero cercando di dimostrare l’esistenza di caratteristiche fisico-morfologiche proprie della “razza nera” diverse ed inadeguate a questa disciplina, queste sono le sue parole:
La realtà è che il cubano [nero] ha un determinato fisico, morfologicamente connotato, per cui è difficile trovare, in questa razza, ragazzi con tutte le condizioni per lo studio della danza classica. Ti ricordo che il balletto classico presuppone molto lavoro in punta, per il quale è necessario un piede flessibile, ed è una caratteristica difficile da trovare in questa popolazione nera. La popolazione meticcia no, è più flessibile ed in effetti è più presente all’interno della danza classica. Inoltre la maggior parte delle cubane [nere] ha i glutei prominenti ed i fianchi larghi, oltre al cosiddetto piede duro…(**)
I realizzatori del documentario fanno trasparire il loro netto dissenso a questo tipo di affermazioni attraverso una operazione di montaggio per cui, subito dopo l’intervista all’insegnante di danza, inizia la sequenza di una ripresa dello Houston Ballet in cui appare il famoso ballerino cubano Carlos Acosta in coppia con una ballerina mentre eseguono un pezzo di danza classica, entrambi sono neri. (Bagalà, 2012:161)
Ciò che emerge dalle testimonianze degli artisti è che l’incorporazione di determinati canoni estetici prevalentemente europei ha creato un immaginario di riferimento che si distacca fortemente dalla realtà vissuta quotidianamente e che in qualche modo la distorce, provocando difficoltà di accettazione e di auto-accettazione in coloro che in quell’immaginario non possono riconoscersi. A questo proposito Esteban Morales, ricercatore e membro della Academia de Ciencias, parla di razzismo nell’educazione, ovvero, afferma che il “colore” in ambito scolastico non viene nominato ed essendo una società ad egemonia bianca, in pratica si educa ad essere bianchi. Egli sottolinea come l’educazione sia europeizzata, ciò che per esempio si considera la culla della civiltà sono l’Antica Grecia e l’Antica Roma, non vengono nominati, da questo punto di vista, né l’Asia né l’Africa né il Medio Oriente ed in questo modo si diffonde un’educazione stereotipata, limitata e quindi parziale. Egli mette il luce come così facendo si crei una dicotomia tra la realtà della scuola e quella della strada.
Lo stesso Viceministro de Cultura Fernando Rojas ammette il persistere della discriminazione razziale, ma allo stesso tempo afferma che, dal Trionfo della Rivoluzione, si è verificato un miglioramento significativo di questo aspetto. In effetti dopo la Rivoluzione del ’59, con l’ascesa al potere del Partito Comunista Cubano, sono stati fatti grandi cambiamenti, soprattutto a livello legislativo, per garantire uguali diritti a tutti i cubani. Tuttavia l’uguaglianza raggiunta sul piano legislativo non ha portato alla realizzazione della piena uguaglianza sociale, che resta per lo più una problematica irrisolta. Ed è ancora Esteban Morales ad esplicitare questo punto, infatti egli afferma che uguaglianza legislativa non significa uguaglianza sociale perché quello che manca è l’uguaglianza nelle possibilità di accesso alle risorse ed alle possibilità in generale.
Negli ultimi anni tuttavia sono nati numerosi progetti che si dedicano a richiamare l’attenzione su questa tematica, questo documentario ne è un esempio, ma non è l’unico; l’Editorial Caminos ha pubblicato un volume dal titolo Raza y racismo nel quale possiamo leggere:
A Cuba, le costruzioni razziali e i loro effetti hanno condizionato la vita delle persone, hanno svolto ruoli sociali molto importanti nel corso di lunghi periodi storici e conservano molto più peso di quello che potrebbe sembrare, anche al giorno d’oggi. Una strategia antirazzista cubana è obbligata a conoscere le radici ed il processo storico delle nostre costruzioni razziali. Nel nostro caso, la storia illumina le caratteristiche e le sfumature che incidono nella situazione attuale e rivela potenzialità per intraprendere azioni efficaci. (Peréz y Luiro, 2009:14, traduzione dallo spagnolo mia)
Questo breve estrapolato denota una forte presa di coscienza ed il diffondersi della consapevolezza e della necessità di ritornare a parlare di razzismo e di discriminazione per costruire nuovi percorsi in vista della conquista di una reale uguaglianza sociale.
La storia di Cuba ci mostra come anche l’attuale generazione di pensatori ed intellettuali cubani è supportata da numerosi studiosi che in passato avevano già seminato l’attenzione per la problematica razziale, creando le basi degli studi e del pensiero odierno. Come viene in effetti dichiarato nella presentazione al documentario il secondo obiettivo del lavoro, oltre a quello di riflettere sul tema, è quello di dare un riconoscimento a livello sociale e storico al ruolo che i neri hanno avuto nella costruzione dell’identità cubana.
A mio avviso è più produttivo ricordare i contributi di tutti i grandi personaggi cubani che hanno lavorato contro la discriminazione e per l’unità del popolo cubano, bianchi o neri che fossero. Attraverso gli intervistati viene ricordato il valore storico di eventi o personaggi, per la maggior parte neri, e che spesso in ambito scolastico non vengono nominati, ad esempio la figura di José Antonio Aponte che già al principio del 1800 portò avanti una battaglia per l’abolizione della schiavitù; il ruolo del Partito Indipendente di Colore (1908) ed in particolare i suoi due fondatori, Evaristo Estenoz Corominas e Pedro Ivonet Dofourt; le repressioni dei combattenti neri durante le guerre indipendentiste ad opera dell’esercito repubblicano avvenute il 20 maggio 1912; il poeta di Matanzas Gabriel de la Concepción Valdéz (Placido) vittima della cosiddetta Conspiración de la Escalera nel 1844; l’architetto e scrittore Gustavo Urrutia che a cavallo tra 1800 ed il 1900 affronta nelle sue opere le problematiche legate all’essere un nero a Cuba e l’importanza della cultura di origine africana presente sull’isola; lo scrittore Carlos Moore che in epoca più recente si è occupato del problema del razzismo durante la rivoluzione castrista; lo studioso di Santiago de Cuba Rómulo Lachatañeré Crombet (1909-1952), una delle figure più importanti nell’ambito dello studio delle radici africane a Cuba. Le sue opere principali sono state riunite e pubblicate nel libro dal titolo El Sistema Religioso de los Afrocubanos (Il Sistema Religioso degli Afrocubani), un vero e proprio punto di riferimento per uno studio di stampo etnologico su questi argomenti. La novità principale di questo lavoro è la differenza nell’approccio rispetto ai suoi predecessori, come egli stesso spiega nella prefazione:
Il nostro oggetto, quindi, è sforzarci di mostrare, in accordo con gli apprezzamenti degli afrocubani ed evitando qualsiasi giudizio prodotto dal nostro intelletto, le credenze che esaminiamo, in relazione alle reazioni dell’individuo, mettendo in primo piano l’afrocubano e lasciando che egli agisca e si costruisca una teoria per spiegarsi l’unica cosa che non comprende: la violenza che a lui è riservata. (Lachatañeré, 2007:136, traduzione dallo spagnolo mia)
Mi sembra altrettanto doveroso citare l’opera di José Martí che, oltre ad essere un condottiero delle prime rivoluzioni per la conquista dell’indipendenza cubana dalla Spagna, è stato scrittore e poeta che ha sempre creduto nell’importanza dell’affermazione dell’unità di tutti i cubani, abbattendo le barriere della discriminazione razziale.
Un altro personaggio degno di nota è l’antropologo cubano Fernando Ortiz che ha dato un grande e precoce contributo al dibattito interno alla disciplina antropologica proprio su questo argomento. Già dalla prima metà del XX secolo infatti, mentre in gran parte del mondo si diffondevano le teorie razziste, egli esprimeva il suo profondo disaccordo portando avanti lavori di analisi ed investigazione volti a smentire la scientificità di questo tipo di teorie. Il suo impegno è risultato molto prezioso non solamente per quanto riguarda lo sviluppo della disciplina in generale, ma anche perché era contemporaneamente volto anche all’aspetto dell’utilità che esso avrebbe avuto per la sua società e per migliorare il proprio paese. Ecco cosa scrive in proposito in un suo famoso testo che significativamente porta il titolo di El engaño de las razas (L’inganno delle razze):
In conclusione si può dire, non ci sono razze umane. Tuttavia persiste l’uso del vocabolo razza, nonostante sia un concetto erroneo e nociva sia la sua influenza sociale. Il mito della razza è pericoloso, come tutti i miti, perché allontana l’umanità dal sentiero della razionalità. (Ortiz, 1975:382, traduzione dallo spagnolo mia)
Tornando al presente ed al documentario, ciò che emerge con forza da numerose testimonianze è che il tema razziale, dopo la Rivoluzione, è stato lasciato in sospeso, è stato fatto cadere nell’oblio perché si è smesso di parlarne apertamente. Tuttavia ci sono sempre più persone convinte che sia un problema politico irrisolto che rischia di far esplodere la società, di farla “marcire” se non si comincia ad intervenire in questo senso.
Viene palesata quindi la necessità di parlare di questo argomento, di affrontarlo, non solo a livello ufficiale o in dibattiti per specialisti, ma con le persone, nelle strade e nelle scuole perché si possa aprire la strada al cambiamento.
Note
(*) Basato sulla problematica razziale nella Cuba contemporanea, attraverso le voci di ricercatori, funzionari, musicisti, pittori e popolazione in generale. Con l’obiettivo di servire come riflessione aperta sull’argomento e, al contempo, come riconoscimento socio-storico e culturale del ruolo dei neri nella formazione e nel consolidamento dell’identità cubana.
(**) Tratto dal documentario Raza, originale in spagnolo, traduzione mia.
Bibliografia
. Bagalà Elena, Santería e folklore afrocubano: tra identità e razzismo nella Cuba contemporanea, Tesi di Laurea discussa alla Facoltà di Lettere e Filosofia, Università di Torino, 2012.
. Lachatañeré Rómulo, 2007, El Sistema Religioso de los Afrocubanos, Editorial de Ciencias Sociales, La Habana, Cuba.
. Nicolás Guillén, 2002 (1972), Obra poética, Letras Cubanas, La Habana, Cuba.
. Ortiz Fernando, 1975 (1946), El engaño de las razas, Editorial de Ciencias Sociales, Ciudad de la Habana, Cuba.
. Pérez Esther e Luiro Marcel (a cura di), 2009, Raza y racismo, Editorial Caminos, La Habana, Cuba.